Perché ho amato il film MAIGRET di Leconte
Cari Amici della Rossa e della buona letteratura gialla,
sabato scorso ho avuto la gioia di recarmi in una sala cinematografica per godermi il film di Patrice Leconte su Maigret e vorrei condividere alcune riflessioni con voi.
La mia è una recensione di pancia, perché non mi sogno mai di andare a leggere prima i commenti su un film che vorrei vedere affinché l’emozione della visione di arrivi dritta in faccia con tutta la sua potenza (come faccio d’altronde anche per i romanzi).
Iniziamo, parlando dello scontato: il protagonista.
Un Gerard Depardieu molto imbolsito è un Maigret molto efficace, rispetto alla trasposizione del regista del romanzo Maigret e la giovane morta (1954). Già, perché a Leconte preme raccontare un Maigret crepuscolare, appesantito dalla propria vita più che dal lavoro. Un Maigret che ha perso l’appetito anche per le leccornie che sua moglie gli sforna ogni sera, che è stato costretto dal medico a non fumare la sua amatissima pipa e che brancola nel buio in un caso di omicidio che si rivelerà squassante per la sua anima.
Buio, dicevamo. La fotografia di tutto il film è volutamente virata sul seppia (tranne che per il rosa pallido dell’abito della giovane uccisa) che serve a sottolineare la cupezza dei sentimenti dei personaggi coinvolti, l’assenza di stimoli personali nel protagonista, la gravità del crimine su cui si andaga. Ho molto apprezzato questo aspetto stilistico anche perché rende ancor più evidente che l’ambiente in cui si svolge l’azione – ossia la magnifica Parigi che sarebbe stata ugualmente bella se fotografata in bianco e nero – non è affatto influente. Un crudo groviglio di sentimenti familiari come altri, come in qualsiasi altro luogo, in qualsiasi periodo storico. Nessun abbellimento anzi, molto ordinario in un crimine che ha dello straordinario (la giovane morta ha il collo spezzato e sembra essere stata accoltellata post mortem).
Certo, il romanzo di Simenon, scritto nel 1954, è molto diverso dal film (come stupirsene?) giacché l’azione si svolge anche all’estero (l’ispettore Lognon andrà a Bruxelles, notizie giungeranno da Oltreoceano, insomma, l’ambientazione è completamente stravolta) ma, per la visione di Leconte dell’uomo Maigret, l’intimità delle moltissime scene di interno sono molto più funzionali. Le luci livide si susseguono per tutto il film che (magari troppo scontatamente) ritroverà un pò di luce naturale in esterno quando anche l’anima di Maigret si pacificherà (come nella scena del cimitero).
Tornando a Depardieu che impersonifica il Commissario Maigret, ritengo non abbia né l’allure di Jean Gabin né la semplice concretezza di Gino Cervi (al quale lui stesso ha dichiarato di essere ispirato), ma supera brillantemente l’esame quando pronuncia l’iconica battuta “Commissario Maigret, Squadra Criminale, 36 Quai des Orfevres” o quando dichiara che ci sono indagini da vino bianco, da Calvados o da vino rosso. Aveva cominciato questa con lo Chablis e fino alla fine avrebbe pasteggiato solo con quel vino!
Eh lo so, amo talmente tanto il personaggio Maigret che lo vedrei e rivedrei di continuo interpretato da chicchessia, benché il mio preferito (e quello di Simenon stesso, come ebbe a dichiarare) è il Maigret di Gino Cervi.
Vi lascio il link al Trailer ufficiale
Buona visione e, magari, come sto facendo io, buona rilettura del romanzo di Simenon!