Le recensioni della Rossa per Thriller Café: L’ULTIMO TRAGHETTO di Domingo Villar
Cari Amici della Rossa e della buona letteratura gialla,
sono molto felice di presentarvi l’ultimo poliziesco dello scrittore galiziano Domingo Villar, intitolato El ultimo barco, ossia L’ultimo traghetto.
Come al solito nella recensione pubblicata su Thriller Café troverete in dettaglio le considerazioni sul testo, mentre qui cercherò di fornirvi più informazioni e curiosità relativamente allo scrittore e alle sue creature letterarie.
Villar è uno scrittore originario di Vigo in Galizia che ora vive a Madrid. La sua straordinaria abilità linguistica si riverbera nei suoi scritti, redatti sempre in doppia versione in Gallego e in Castillano ma anche in Inglese per il mercato anglosassone. Tant’é che il suo La spiaggia degli affogati (La playa de los ahogados) diventa The Beach of the Downed per il mercato anglosassone ed entra nella short list del Dagger Award nel 2011. Un successo meritato per una storia ben congeniata, che gli valse anche una trasposizione cinematografia di successo.
Con L’ultimo traghetto, la terza investigazione del commissario Leo Caldas dopo Occhi d’acqua e, per l’appunto, La spiaggia degli affogati, Villar riprende i temi a lui cari, a partire dalla valorizzazione delle origini culturali galiziane. Ecco quindi che le investigazioni si svolgono in parte nella Scuola di arti e mestieri di Vigo, nella quale valenti insegnanti tramandano le tradizioni della liuteria antica o della ceramica. Con dovizia di particolari, Villar ci spiega come si costruisce un liuto o a che temperatura devono essere portati i forni per la cottura dei manufatti per avere i massimi risultati, secondo l’antica scuola gallega.
Non è un caso, quindi, che lo scrittore abbia voluto omaggiare i veri professori di ceramica e liuteria, Miguel Velasquez e Ramon Casal, facendoli diventare personaggi del suo libro con i medesimi nomi di battesimo, come specifica lo stesso Villar nei ringraziamenti finali.
Caldas non riuscì a reprimere la curiosità. “Perché con la luna calante di gennaio?” “Quando d’inverno c’è luna calante, la linfa si accumula alla radice e il tronco è quasi pulito” spiegò il maestro di liuteria antica. “Così si evita che l’amido faccia marcire il legno in futuro”. (pag. 399)
Basta un piccolo dialogo di due righe in 640 pagine di romanzo per sottolinearne la maestria, non torvate anche voi?
Per quanto attiene, invece, al metaforico barco, in tutto il romanzo l’espressione “ultimo traghetto” ricorre nove volte – non tantissime, invero, per un totale di 640 pagine – ma in un caso solamente è usata fuori dal contesto investigativo. Alla fine, quando tutto è compiuto e il Commissario può lasciarsi andare nell’esplorazione dei propri sentimenti.
La notte prima, seduto vicino al letto del padre, aveva pensato all’amore come a un viaggio per mare. Molti preferivano viaggiare dentro la cabina, comoda e al riparo del brutto tempo, ma Leo Caldas si sentiva stordito dalla mancanza di aria fresca e il viaggio per lui diventava insopportabile. Sul ponte, invece, con l’aria in faccia, che piovesse o facesse freddo, poteva andare anche in capo al mondo. Si chiese se quello era l’ultimo traghetto su cui saliva o se ce ne sarebbero stati altri su cui affrontare il mare. (pag. 630)
La vita faceva paura a Caldas tanto da soffrire metaforicamente di mal di mare. Solo la continua traversata, esposto alle intemperie sul ponte, gli farà apprezzare il paesaggio.
Non mi rimane che augurarvi buona lettura!