Le recensioni della Rossa per Thriller Café: L’ENIGMA DI FLATEY di Viktor Arnar Ingolfsson
“Ogni tanto arrivano qui dei viaggiatori che hanno letto Il libro di Flatey e vogliono sapere qualcosa in più sul manoscritto e sulla sua storia”. “E dove trovano queste informazioni?” chiese Kjartan. “Un pò ovunque”, disse Grimur. “La maggior parte degli isolani è in grado di rispondere alle loro domande. Sigurbjorn di Svalbard, per esempio, è piuttosto istruito, e cita spesso il Libro di Flatey. E poi c’é il reverendo Hannes, che conosce bene il danese e può parlare con gli stranieri.” (pag 49)
SOTTOLINEATO perché … in quattro battute l’Autore rende evidenti i due pilastri che sostengono l’intera architrave del romanzo: l’isolamento geografico e culturale degli abitanti di Flatey e l’attaccamento alle proprie radici, costituito dalla persistenza degli echi delle antiche saghe nordiche narrate nel Flateyjarbok.
“Ecco perché Ofeigur: vuol dire ‘favorito dalla sorte’! Non è il nome di un uomo, né di una barca! Mi vergogno un pò, perché ho rischiato di causare un gran trambusto oggi quando ho collegato la barca di Sigurbjorn di Svalbard alla morte di Gaston Lund.” (pag. 260)
CASSATO perché …. ‘causare un gran trambusto’ mal si attaglia al concetto ‘accusare erroneamente qualcuno di omicidio’!
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Cari Amici della Rossa e della buona letteratura gialla,
ci siamo lasciati la scorsa volta nel cuore dell’Africa per ritrovarci oggi all’estremo nord del continente europeo, esattamente in Islanda, nella minuscola isola di Flatey. Minuscola per dimensioni – poco più di mezzo miglio di lunghezza – ma che vanta l’onore di aver legato il proprio nome ad un antico manoscritto medievale, composto da 225 fogli di pergamena scritti ed illustrati, il Flateyjarbok o Codex Flateyensis, conservato dall’Istituto Arni Magnusson di Reykjavik.
Il prezioso manoscritto e le saghe di re norreni ivi descritte rappresentano il cuore del giallo L’enigma di Flatey dello scrittore islandese Ingolfsson: alcuni delitti compiuti sulle isole di Flatey e Ketilsey sembrano portare dritti verso il libro ed i suoi significanti e il giovane avvocato Kjartan dovrà riuscire a districarsi in una realtà che ai suoi occhi sembra alquanto arretrata.
Per meglio sottolineare il concetto alla base del romanzo – e cioè che in ogni momento di passaggio storico e generazionale i popoli vanno alla ricerca di un antidoto alla paura della perdita della propria identità, aggrappandosi tenacemente alle proprie radici - Ingólfsson ambienta la narrazione negli anni ’60 per cogliere l’esatto momento di svolta della società islandese, quello della fine della ruralizzazione e l’inizio dell’esodo verso città più popolose e “moderne”, contrapponendo abilmente le mentalità dei più giovani (Kjartan, su tutti, ma anche Johanna, il medico, e Benni, il ragazzo che ascolta Elvis alla radio) a figure più granitiche come il reverendo e sua moglie.
Come sempre eviterò di addentrarmi maggiormente nella trama e nelle considerazioni tecniche del libro, rimandandovi alla recensione su Thriller Café, ma spero di avervi intanto incuriosito. Per saperne di più sull’isola di Flatey e sull’Islanda tutta, potete sbirciare su questo sito http://soloislanda.altervista.org/guide/west/
Io ci sto facendo un pensierino per una vacanza estiva, tanto mi affascinano i luoghi!
Buona lettura dalla Rossa!